rigillo_rossiniSi chiude questa settimana la rassegna Il Grande Teatro al Nuovo di Verona. In scena Erano tutti miei figli, pièce del drammaturgo americano Arthur Miller, scritta pochi anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.

Il periodo può già suggerire la tematica complessa e impegnata, quando i vincitori iniziavano a fare i conti con tutte le perdite (anche di coscienza) che la guerra aveva comportato. Guardando al cartellone complessivo di questa stagione del Grande Teatro – sempre di alto livello, pur con qualche oscillazione – lo spettacolo si colloca insomma sulla linea già inaugurata a Gennaio da La torre d'avorio: un tema civile, legato agli orrori della guerra, che si pone come riflessione sulla natura umana nel suo complesso.

In questo caso la vicenda tratta il problema delle speculazioni senza scrupoli attuate dall'industria militare, con la cattiva coscienza di chi si è arricchito sul dolore e sulla morte degli altri. Miller ha voluto però portare il dramma su un piano universale, realizzando quella che è da molti considerata una trasposizione in ambito moderno del genere classico della tragedia. Il risultato è sicuramente di alto livello, ma la pretenziosità dell'obbiettivo si fa sentire a più riprese, appesantendo assai la fruizione del testo (non vi si cerchi il semplice intrattenimento!) e rendendo assai difficile il compito degli interpreti, costretti da un lato a forzare a più riprese il piano emotivo, e dall'altro a mantenere la rappresentazione il più realistica possibile.

Uno degli aspetti più riusciti della pièce, è infatti il graduale passaggio da una dimensione quotidiana e informale fino alle vette più alte e insostenibili della tragedia. Ma, come già detto, questo richiede agli interpreti una versatilità che non sempre si sostiene fino in fondo: Mariano Rigillo e Anna Teresa Rossini ci mettono tutta la propria esperienza, riuscendo a dare uno spessore crescente ai propri personaggi; i più giovani Ruben Rigillo e Silvia Siravo vi riescono di meno, più intrappolati in una caratterizzazione troppo costruita. Le scelte sceniche paiono in larga parte azzeccate, specie quando evitano di sovraccaricare di elementi superflui una pièce che si regge tutta sulle dinamiche psicologiche. All'inizio, lascia un poco perplessi la scelta delle luci, troppo violente e frammentate sulla scena; nella seconda parte dello spettacolo, però, queste si addolciscono, dando al contempo una tinta più fosca all'insieme, quasi che la funzione catartica, passata attraverso il bisturi dell'indagine psicologica, si fosse finalmente liberata all'attenzione inorridita del pubblico.

         Simone Rebora

Erano tutti miei figli
di Arthur Miller
traduzione di Masolino d'Amico
con Mariano Rigillo, Anna Teresa Rossini, Ruben Rigillo, Silvia Siravo, Filippo Brazzaventre, Barbara Gallo, Enzo Gambino, Annalisa Canfora e Giorgio Musumeci
scene di Antonio Fiorentino
costumi di Silvia Polidori
luci di Franco Buzzanca
regia di Giuseppe Dipasquale
produzione Teatro Stabile di Catania, Doppiaeffe production s.r.l. e Compagnia di prosa
al Teatro Nuovo di Verona fino al 23 marzo 2014
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