Frequentando da veronese la realtà veronese, sempre piuttosto lontana dal contemporaneo, mi auguro che un nuovo pubblico locale approfitti della gratuità dell'accesso per vedere questa mostra. Vedere, lasciando fuori dal palazzo ogni idea preconcetta: di bello, di brutto, di facile, di espressivo. Vedere e rivedere. Magari leggere qualche pannello illustrativo o sfogliare il catalogo. L'importante sarebbe saper cogliere l'opportunità di "ascoltare la voce del silenzio", di essere lì, di fronte a lavori che sembrano affermare solo la propria esistenza, ma che segretamente ci parlano . La curiosità di capire e di approfondire può venire anche in seguito, anche a distanza di anni.
Spesso una mostra è pure l'opportunità di vedere la location dove essa è allestita. In questo caso il piano nobile del Palazzo della Gran Guardia. Lo si può ammirare nella sua totalità, senza le infrastrutture da cui spesso è invaso. Le opere di Pittura Analitica degli anni settanta dialogano con leggerezza con lo spazio. Vi si liberano dentro. Danzano con i muri.
Mi auguro che visitino la mostra soprattutto i giovani e i giovanissimi. Anche in gruppo, adesso che è finita la scuola. Quello che mi piacerebe è che ci fosse una sorta di "rispetto", anche se non si coglie pienamente il senso di queste opere d'arte. Certamente sarà difficile che accada quello è successo recentemente al Moma di San Francisco, dove i visitatori hanno scambiato per un'opera d'arte un paio di occhiali appoggiati sul pavimento. Qui non è richiesta una adorazione cieca (ed ottusa), ma solo tanta attenzione e un po' di meditazione. In fondo la verità è tutta lì in superficie.
"Quello che vorrei" è un semplice "Carpe Diem"