Conoscevo abbastanza l'opera di Zinelli, abbastanza del manicomio e del suo atelier, i cui sostenitori sono stati, tra gli altri, lo scultore Michael Noble e Ida Borletti, appoggiati dallo staff medico (formato dal primario Cherubino Trabucchi e dal giovane psichiatra Vittorino Andreoli, unitamente a qualche infermiere sensibile). Nell'atelier a stimolare e "insegnare", un giovanissimo scultore: Pino Castagna.
Durante lo spettacolo era prevedibile l'alternansi di molte immagini di lavori di Zinelli. Prevedibile era anche che venisse raccontata la storia della sua vita. Ma, come avrebbe fatto Anderloni a "interpretare" Carlo, un pazzo? Lo avrebbe fatto parlare? Non avevo letto niente sullo spettacolo che ho visto lunedì 3 agosto, nel funzionale, accogliente e gremito piccolo teatro Orlandi di Velo Veronese (che ha una capienza di 150 posti).
Nel complesso mi è parso uno spettacolo che vale la pena di andare a vedere. Stupefacente l'uso che l'attore Anderloni fa del suo iPad. E' lui che cambia le immagini che vengono proiettate su uno schermo gigante mentre cammina, recita, gesticola ... E' lui che ingrandisce e rimpicciolisce particolari di opere, isolando e mettendo in primo piano alcune delle numerosissime figure che gremiscono i lavori di Zinelli. Spesso, anzi, Anderloni modula la voce, imitando il borbottare di Zinelli, quando lavorava, suggerendo quasi un senso al suo borbottare. Se ingrandisce il particolare di un quadro (la figura di un omino con un cane al guinzaglio sotto un albero) la voce di Anderloni si fa più concitata, il tono più alto come a "confondersi" con Carlo: "Mi e el me cagneto, mi e el me cagneto, mi e el me cagneto ... sotto l'olmo".
Oltre ad alcuni quadri tipici di Carlo, durante lo spettacolo vengono proiettate fotografie e diffuse musiche, e si possono ascoltare un paio di brevi registrazioni del farfugliare di Carlo Zinelli fatte dallo psichiatra Vittorino Andreoli. "Carlo, l'ombra e il sogno" (di e con Alessandro Anderloni) dura in tutto 1 ora e 20 minuti. L'appunto che mi sento di fare è che quando Anderloni inserisce alcuni racconti "fuori campo", avrebbe potuto ricorrere veramente a una voce fuori campo, registrata, con un timbro diverso, per semplificare la linearità del racconto e, in alcuni casi, per staccare il narrato dal vissuto.
Sorprendente la scena finale, dove l'attore finalmente usa la sedia che sta abbandonata sul palcoscenico per tutto lo spettacolo. Mette un cappotto, una sciarpa, si siede e accende una sigaretta. E sullo schermo (dove durante lo spettacolo sono passati i quadri di Carlo, le foto dell'atelier, i volti di alcuni suoi "compagni" di avventura, di Noble, di una gita sul Garda...) appare come in uno specchio, l'immagine di un Carlo Zinelli giovane, elegante, prima che la malattia lo consumasse. Un Zinelli in posa in uno studio fotografico, con in braccio il suo adorato cagnolino, of course!
Ultima proiezione, nell'ambito della rassegna LessiniaFest, venerdì 14 agosto 2015, ore 21.00