Otello_copia

TEATRO ROMANO 13-14-15-16 luglio ore 21.15
Otello
di William Shakespeare
traduzione, adattamento e regia Nanni Garella 
con
Franco Branciaroli Otello, generale
Maurizio Donadoni Iago, attendente del generale
Lucia Lavia Desdemona, moglie del generale
Gabriele Tesauri Montano, ex governatore di Cipro
Federica Fabiani Emilia, moglie dell’attendente
Woody Neri Cassio, luogotenente del generale
Matteo Alì Roderigo, giovane ufficiale
scene Antonio Fiorentino
luci Gigi Saccomandi
costumi Claudia Pernigotti

Domenica, lunedì e martedì le ultimissime prove al Romano. Mercoledì 13 il debutto. L'ultima edizione di Otello risale al 1985.
Dopo il grande successo dell'originale e divertente versione del Sogno targato Zelig, il Teatro Romano si prepara al debutto della seconda delle quattro opere shakespeariane in programma quest'anno: Otello per la regia di Nanni Garella in una messa in scenadell' Arena del Sole - Nuova Scena - Teatro Stabile di Bologna in collaborazione con l'Estate Teatrale Veronese. Il debutto è mercoledì 13 alle 21.15 con repliche fino a sabato 16. Dopo un mese di prove a Bologna, sono in corso da domenica, al Teatro Romano, quelle finali. I tre ruoli principali sono interpretati da Franco Branciaroli (Otello), Maurizio Donadoni (Iago) e Lucia Lavia (Desdemona). Accanto a loro Federica Fabiani (Emilia), Woody Neri (Cassio), Matteo Alì (Roderigo) e Gabriele Tesauri (Montano) che qualche giorno fa è subentrato a Garella in questo ruolo. Per concentrarsi maggiormente sulla regia, Garella ha infatti preferito, per il debutto, affidare la parte al regista assistente Gabriele Tesauri col quale si era alternato in scena nel corso delle prove. Le scene sono di Antonio Fiorentino, le luci di Gigi Saccomandi e i costumi di Claudia Pernigotti.
Per la cronaca l'ultima rappresentazione di Otello al Teatro Romano fu nel 1985.
«Nell'Otello di Shakespeare, alla fine – dice Garella – perdono tutti, i nobili e i malvagi: Desdemona, Emilia, Roderigo assassinati, Otello suicida, Iago travolto dai suoi stessi inganni e dalle sue trame scellerate. Tutti fanno scelte sbagliate. Il mondo non ritrova il suo equilibrio dopo l'atto estremo di Otello e il sacrificio di sua moglie: come dopo un'eclissi di sole e di luna l'uomo resta sotto un cielo vuoto. Otello è un grande dibattito, profondo e appassionante, sulla natura umana: per Otello il mondo è bello, gli uomini sono nobili, e giustificano la loro esistenza nella lealtà e nell'amore. Per Iago il mondo è abietto e volgare e gli uomini sono come animali, carogne che si divorano l'un l'altro. Da un lato – conclude Garella – c'è un'idea del mondo e della natura umana che volge lo sguardo alla convivenza, alla bellezza e all'armonia. Dall'altro la totale assenza, machiavellica, di ideologia, il pragmatismo empirico più spregiudicato».

Unica vittima incolpevole di questa violenta e inarrestabile caduta di valori, di questa follia universale è Desdemona, sicuramente uno dei personaggi femminili più belli dell'ntera produzione shakespeariana. Desdemona, giovanissima figlia ed erede della grande nobiltà veneziana, s'innamora di Otello, l'uomo forte, nobile di cuore, portatore di tutti i più sacri ideali. Superando i pregiudizi sociali e razziali della famiglia e del mondo che la circonda, riesce a vincere da sola, con la purezza del suo amore, sposandolo, la storica lotta tra Oriente ed Occidente. Coraggiosamente lascia le mollezze e gli agi della bella Venezia per andare con il marito a Cipro dove si respira aria di guerra. Ma il Male è in agguato e per vincerne la travolgente violenza devastatrice, né lei né il suo Otello hanno la forza sufficiente. Perché il Male, nato dall'invidia e dalla brama di potere di Iago, è ineluttabile, come la follia. Si delineano dunque due visioni del mondo contrapposte: quella di Otello e quella di Iago. Da qui si sviluppa la tragedia, che nasce e si contorce nel petto del guerriero moro sotto forma di gelosia. Ingiustificata, ma non per questo meno drammatica e fatale. Con questa messinscena Franco Branciaroli veste nuovamente i panni di Otello, ruolo da lui già interpretato in una "storica" edizione che gli vedeva contrapposto, nel ruolo di Iago, Umberto Orsini. Accanto a lui l'eclettico Donadoni che più volte si è cimentato con Shakespeare e la diciannovenne Lucia Lavia, una delle giovanissime "figlie d'arte" più promettenti del palcoscenico nazionale. Il pubblico veronese l'ha conosciuta e applaudita recentemente al Teatro Nuovo, durante la stagione invernale, nei panni della figlia di Argante nel Malato immaginario di Molière.

Nota del regista Nanni Garella
Un avamposto militare in un territorio di occupazione, la Repubblica veneta contro i Turchi, occidente contro oriente: una storia già vista, che ritorna e costruisce nella mente un immaginario di guerre, purtroppo, vicine e devastanti. La fibra morale di un mondo, quello occidentale, messo a dura prova dalla crudezza dello scontro, con l’inevitabile ripercussione sulle vicende private dei protagonisti: di quelli nobili e virtuosi, come di quelli meschini e malvagi. Nell’Otello di Shakespeare, alla fine, perdono tutti, i nobili e i malvagi: Desdemona, Emilia, Roderigo assassinati, Otello suicida, Iago travolto dai suoi stessi inganni e dalle sue trame scellerate.
Tutti fanno scelte sbagliate. Il mondo non ritrova il suo equilibrio, dopo l’atto estremo di Otello e il sacrificio di sua moglie: come dopo un’eclissi di sole e di luna – stralcio simbolico di una immagine barocca – l’uomo resta sotto un cielo vuoto. Se si spegnessero il sole e la luna, insieme, in un buio eclisse... se la terra  tremando si squarciasse...
(Otello, V, 2)
Otello, come Lear e Macbeth, e sceso nell’abisso, e giunto fino in fondo, ha vissuto l’esperienza umana della gelosia fino all’estremo. Shakespeare e l’unico autore, dopo i greci, che riesce a darci tragedie vere; e Otello, nella storia teatrale, e una delle poche vicende pienamente conosciute dal pubblico, soprattutto dall’epoca romantica in poi. Il pubblico del nostro tempo e abituato a sentire i nomi, così stravaganti e improbabili, di Iago, Desdemona, Otello, a legare ad essi un racconto di gelosia e di sangue e a restare avvinto dalle passioni che muovono i destini di quei personaggi. Ma, conoscendo l’esito tragico della storia, lo spettatore contemporaneo continua a interrogarsi sulla fragilità della natura umana. La tragedia, una volta scrostata dai depositi romantici e naturalistici, è un grande dibattito, profondo e appassionante, sulla natura umana: per Otello il mondo e bello, gli uomini sono nobili, e giustificano la loro esistenza nella lealtà e nell’amore; per Iago il mondo e abietto e volgare e gli uomini sono come animali, carogne che si divorano l’un l’altro; da un lato un’idea del mondo e della natura umana che volge lo sguardo alla convivenza, alla bellezza e all’armonia; dall’altro la totale assenza, machiavellica, di ideologia, il pragmatismo empirico più spregiudicato.
Nessuno ha la meglio, alla fine. In realtà, il mondo somiglia molto di più a come lo immagina Iago, ma anch’egli ne è travolto, come Riccardo III. Cosa resta, dopo gli assassini, i suicidi, il crollo della fiducia, della fedeltà e dell’amore? Probabilmente solo la notte buia, il cupo abisso in cui precipita a volte la mente umana. L’eccesso di follia distruttiva e autodistruttiva, omicida e suicida, di Otello, nutrita dalla menzogna e dall’infamia di Iago; e la dissoluzione di un mondo di valori, come famiglia, patria, amore, lealtà, coerenza morale. E resta solo un linguaggio sfasato e incerto, sconnesso, schizoide. L’unica vittoria di Iago consiste nel distruggere la poesia, l’eroismo, la grandezza del generale Otello, infrangendo le sue certezze di linguaggio, spingendolo all’afasia, al balbettio, in una sorta di eloquio spezzato che somiglia tanto al monologo interiore della letteratura moderna di Joyce e Beckett. A letto con lei... sopra di lei! Si dice “a letto con lei” quando qualcuno si scopa una donna... A letto con lei... che schifo! Il fazzoletto... deve confessare... il fazzoletto! Farlo confessare... e poi impiccarlo per quello
che ha fatto. No, prima impiccarlo, e poi farlo confessare! Sto tremando, lo vedi? Tremando dalla rabbia... una rabbia nera... Non sono le parole che mi fanno tremare. Puh! Che schifo: i nasi, le orecchie, le labbra... Non e possibile... Confessa!... Il fazzoletto!... Demonio!...
(Otello, IV, 1)
Corpi, labbra, amplessi immondi, schifosi sono le uniche immagini residue del bel mondo eroico di Otello, sono la vittoria del pragmatismo di Iago, ma sono anche lo sprofondamento dell’uomo nel mondo dell’ombra, dove la nobiltà d’animo si trasforma in scelleratezza, il coraggio in codardia; dove la tolleranza lascia rapidamente il posto al pregiudizio razziale più osceno.
Otello e la notte. Un’immensa figura fatale. La notte e innamorata del giorno. L’africano adora la bianca. E grande, e augusto, e maestoso, ha al suo seguito il coraggio, la battaglia, la fanfara, la bandiera, la fama, la gloria, e Otello; ma e nero. E allora come fa in fretta l’eroe geloso a trasformarsi in mostro! Il nero diventa negro. Con quanta rapidità la notte ha fatto segno alla morte! (Victor Hugo, William Shakespeare).
Nanni Garella


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