rigillo_rossinida martedì 18 marzo (con inizio alle 20.45) a domenica 23 ore 16,00 Teatro Nuovo
di Arthur Miller
regia di Giuseppe Dipasquale
con  Mariano Rigillo e Anna Teresa Rossini

 

Un dramma famigliare ambientato nell’America della Seconda guerra mondiale, scritto da uno dei più rappresentativi autori statunitensi del secondo Novecento: Arthur Miller (1915-2005).

La stagione 2013-14 del Grande Teatro si conclude con Erano tutti miei figli (All my sons) in scena al Nuovo da martedì 18 marzo (con inizio alle 20.45) a domenica 23, per la regia di Giuseppe Dipasquale e con Mariano Rigillo e Anna Teresa Rossini come protagonisti.
Proprio con questo testo – amaro ritratto della spregiudicatezza di certi ambienti industriali del suo Paese – datato 1947, Miller ottenne il suo primo successo teatrale e l’importante premio Tony Award (il corrispettivo, a teatro, degli Oscar). L’anno successivo, la pièce ebbe una versione cinematografica che vide nei ruoli principali Edward G. Robinson e Burt Lancaster diretti da Irving Reis. Solo due anni più tardi, nel 1949, sarebbe arrivato quello che viene ritenuto il capolavoro di Miller, Morte di un commesso viaggiatore. Scritto in sole sei settimane, il dramma gli valse il premio Pulitzer e due Tony Award. Salutato dalla critica del tempo con accenti trionfalistici, conquistò anche il pubblico, tanto che andò in scena a Broadway con ben 742 repliche consecutive.
Nato a New York nell’ottobre 1915 da una famiglia benestante, Miller fu fortemente influenzato dalle sue origini ebraiche e dall’ideologia comunista a causa della quale finì nel mirino della Commissione per le attività antiamericane del Congresso presieduta dal senatore Joseph McCarthy. Un’esperienza, questa, che riecheggia in un dramma del 1953, Il crogiuolo. Sottotitolato Le streghe di Salem e ispirato a un processo per stregoneria realmente svoltosi nell’America del 1692, Il crogiuolo non si limitava a descrivere un fatto del passato ma alludeva a quel clima di intolleranza e fanatismo imperante negli anni del Maccarthysmo, quando la guerra fredda con l’Urss era all’apice. Risale a due anni più tardi il dramma Uno sguardo dal ponte (1955), storia di oriundi italiani e di emigrazione clandestina, che ottenne subito grande successo sino a diventare un’altra pietra miliare del teatro americano, un classico tuttora rappresentato in tutto il mondo. Dal 1956 al ’61 Miller fu totalmente assorbito dall’ambito famigliare a seguito delle nozze con l’attrice americana Marylin Monroe per la quale scrisse la sceneggiatura del film Gli spostati. Negli anni successivi Miller scrisse altre opere di maggiore o minore fortuna che però non ebbero la forza dei precedenti capolavori. La produzione di Miller si può dividere in due periodi: il primo (che si conclude con Uno sguardo dal ponte) in cui il conflitto drammatico nasce dal contrasto tra il protagonista, vittima di una profonda crisi d’identità, e la società; il secondo (che comprende i titoli successivi) in cui prevale l’analisi del rapporto tra l’io e gli altri. Nei suoi scritti, l’autore ha sempre messo a nudo i falsi miti americani. Il suo teatro, che appare fortemente influenzato da Ibsen – e in tal senso Erano tutti miei figli ne è, secondo molti critici, un esempio eclatante – e dal simbolismo, costituisce uno dei più lucidi tentativi di proporre in tempi moderni il genere e le forme della tragedia.

Protagonista di Erano tutti miei figli è l’industriale Joe Keller, uomo completamente privo di scrupoli, votato solo al proprio tornaconto. Durante la seconda Guerra mondiale egli ha venduto all’aeronautica militare pezzi di ricambio difettosi, provocando la morte di ventuno giovani piloti. Arrestato, riesce a scagionarsi dall’accusa scaricando tutta la responsabilità sul suo socio che finisce in carcere. Archiviata la faccenda, sulla famiglia Keller continua però a gravare il peso della scomparsa di Larry, figlio di Joe, pilota dato per disperso da tre anni. Sarà Ann, l’ex fidanzata di questi, di cui ora si è innamorato l’altro figlio di Joe, a svelare i misfatti compiuti da Keller. Messo di fronte a drammatici eventi, l’uomo viene travolto dalla disperazione.
«Erano tutti miei figli – spiega il regista Dipasquale – è una pièce dove convivono allegoria e stringente concretezza. È un “dramma famigliare” che si fa paradigma dei traumi che travagliano ancora oggi la società postindustriale. Quella casa altoborghese della provincia americana è specchio universale del marcio che, sotto ogni latitudine, antepone il denaro all’etica. Un tono esteriore da “conversazione galante” rende ancora più inquietanti i rapporti tra i personaggi, schiacciati dalle ragioni del business, modello necessario e fondante della società capitalistica».
Protagonista dello spettacolo è Mariano Rigillo, attore che ha alle spalle una solida attività teatrale che lo ha portato a cimentarsi in opere di Seneca, Giordano Bruno, Shakespeare Goldoni, Brecht, Pirandello e Patroni Griffi. Ha girato anche numerosi film (con registi come Mauro Bolognini, Florestano Vancini, Michael Radford e i fratelli Taviani) e lavorato per la televisione (da Il cappello del prete a Un colpo di fucile e, più recentemente, Maria di Nazaret e Il caso Enzo Tortora). Accanto a lui, Anna Teresa Rossini (Kate Keller). Completano il cast Ruben Rigillo (Chris Keller), Silvia Siravo (Ann Deever), Filippo Brazzaventre (Dr. Jim Bayliss), Barbara Gallo (Sue Bayliss), Enzo Gambino (Frank Lubey), Annalisa Canfora (Lydia Lubey) e Giorgio Musumeci (George Deever). Scene di Antonio Fiorentino, costumi di Silvia Polidori, luci di Franco Buzzanca. L’allestimento è una produzione di Teatro Stabile di Catania, Doppiaeffe production s.r.l. e Compagnia di prosa.
Dopo la “prima” di martedì, lo spettacolo replica tutte le sere sino a sabato 22 (sempre alle 20.45) mentre l’ultima recita, domenica 23, è alle 16. Giovedì 20 marzo alle 17 al Teatro Nuovo gli attori incontreranno il pubblico. L’incontro sarà condotto dalla giornalista Betty Zanotelli. Un quarto d’ora prima, alle 16.45, è previsto un approfondimento del testo, un “invito alla visione” a cura di Simone Azzoni che parlerà di “allegoria e dolorosa concretezza”. Entrambi gli appuntamenti sono a ingresso libero.

Vendita dei biglietti al Teatro Nuovo (tel.0458006100) e tramite circuito GETICKET.

INFORMAZIONItel. 045 8006100 e www.ilgrandeteatro.comune.verona.it

 

PREZZI BIGLIETTI

platea                        € 25,00

balconata                  € 22,00

galleria                      € 15,00

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