In un mondo scandito dalle immagini, immagini registrate, importate, manipolate da professionisti e non, in un mondo “aggredito” da videocamere, macchine fotografiche, videotelefoni e dove la televisione è multicanale si inserisce il lavoro del tedesco Oliver Pietsch.

Pietsch realizza opere di ”regia” ma anche dei cut-up dove depreda e manipola sequenze tratte da film famosi o sconosciuti assemblandole con un ordine diverso e creando una nuova narrazione, introducendo un commento sonoro che è parte integrante dell’opera visiva.

Heaven can wait è ripreso da Lubitsch e innesca il “loop” di Pietsch dove i personaggi si trovano a rivivere un salottiero tête-à-tête per tre volte consecutive: dapprima scorre la versione originale, quindi le immagini sono trasmesse con i dialoghi tratti dal finale del film (in cui i protagonisti – venticinque anni dopo – rievocano l‘episodio), mentre la terza proiezione è accompagnata dalle note di "Wild is the wind" nell’interpretazione di Cat Power.

Il tema trattato nel lavoro più recente di Pietsch concerne il mondo della droga: le scene di spaccio e consumo, il rituale dell’assunzione, gli effetti allucinatori connessi, le reazioni conseguenti agli stupefacenti, i gesti rituali visti nell’ottica degli interpreti che Hollywood ha mostrato in numerose celebri sequenze.

Oliver Pietsch, nasce a Monaco nel 1972, vive e lavora a Berlino.
Sue opere sono in esposizione a Milano (presso la galleria The Flat - Massimo Carasi e in altri spazi a cura dell'Associazione Culturale ARTEventi) e a Verona nella collettiva a Villa Noris (Villafontana di Bovolone) fino all’8 gennaio. Nel mese di febbraio verrà organizzata una giornata di proiezioni “non stop” dei video dell’artista sempre negi spazi di Villa Noris.

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